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martedì 1 marzo 2016

"El Tredesìn de Marz" spiegato ai bambini




Nell'ambito della manifestazione Primavera di verdeFestival e in riferimento allo spettacolo teatrale El Tredesìn de marz: tradizione e leggenda, mi è stato chiesto di prendere spunto da un brano dello scrittore Gian Luca Margheriti riguardante la leggenda di San Barnaba a Milano e di scriverne un racconto adatto ai bambini. Ecco qui il risultato :-)



Tredesìn de Marz, 
l'arrivo della Primavera a Milano

Tutti gli anni, da molti anni, a Milano il 13 marzo si festeggia il compleanno di una fanciulla profumata di fresco che si chiama Primavera e che, anche se gli anni passano, resta sempre con l'animo bambino, porta allegria, speranza e tanta voglia di giocare all'aperto.
Secondo la leggenda, la sua nascita è dovuta ad un signore di nome Barnaba, arrivato a Milano tantissimi anni fa attraverso la Porta Orientale, cioè quella che guardava verso il punto di cielo dove sorge il sole. Ora questa porta non esiste più, ma il luogo dove si trovava si può riconoscere da una scultura attaccata ad un muro che raffigura una lupa che allatta i suoi cuccioli. Si trova lungo corso Venezia, all'altezza del numero 21.
Sempre secondo la leggenda, quando arrivò alla Porta Orientale, Barnaba non si faceva la barba da un po' di tempo, era vestito con una tunica sporca e rovinata, si appoggiava ad un bastone storto e tutto quello che aveva era una ciotola di legno che usava per bere.
A vederlo poteva sembrare davvero un brutto personaggio e poteva far molta paura. Per questo motivo aspettò qualche giorno prima di entrare a Milano. Non conosceva nessuno e anche lui aveva paura a farsi vedere. Prima voleva osservare gli abitanti della città, guardare com'erano e cosa facevano.
In realtà Barnaba non era una persona cattiva: era un amico di Gesù e voleva portare in giro per il mondo tante belle notizie.
Un giorno, stanco di aspettare, decise di attirare l'attenzione dei milanesi. Prese un ramo e lo incrociò al suo bastone così da fare una croce. Poi alzò la croce al cielo e la fece cadere con forza su una pietra. In quel momento successe una cosa prodigiosa, che nessuno si sarebbe mai aspettata: la croce di legno si infilò nella roccia, che era diventata come di burro, e creò un piccolo altare. In questo modo Barnaba voleva dimostrare quanto vere e importanti fossero le cose che diceva. Ma siccome ciò che aveva fatto secondo lui non bastava, con le dita fece sulla roccia burrosa 13 segni in modo da ricordare per sempre ai milanesi la data del 13 marzo.
Eh sì che attirò l'attenzione! Attorno a Barnaba si fermò un po' gente ad osservare quello che stava facendo e allora lui ne approfittò per cominciare a parlare di Gesù, che, in una terra lontana lontana aveva fatto tante cose buone – i miracoli - , come aiutare le persone malate a guarire, e aveva detto tante belle parole alle persone tristi e povere, parole che riguardavano l'amore per il prossimo e il fatto che gli uomini sono tutti uguali tra loro.
Le persone che ascoltavano i racconti di Barnaba restarono meravigliate e contente del suo discorso e lui poté entrare nella città senza problemi. E anche qui, successero delle cose prodigiose: mentre camminava, al suo passaggio si sbriciolavano le statue di antiche divinità in cui i milanesi ora non credevano più e agli angoli delle strade sbocciavano fiori.
Arrivò così la Primavera a Milano. E tutti gli anni torna. Ella arriva leggera con passo delicato. E' vestita di colori pastello: giallo, rosa, celeste, verde, lilla, porpora e tanti altri; ha i capelli raccolti in trecce, come fossero nuovi rami d'albero, adornati dei primi fiori che sbocciano dopo il freddo dell'inverno: primule, violette, margherite, narcisi, iris, glicine, gelsomini.
La primavera canta con voce delicata di vento tiepido e risveglia gli animali in letargo, quelli che per tutto l'inverno hanno dormito al calduccio: orsi, ricci, formiche, tartarughe, scoiattoli, marmotte, ghiri, pipistrelli, serpenti, lucertole. Molti di questi vivono in montagna o in campagna, alcuni anche a Milano e la primavera sveglia tutti quanti.
I milanesi l'attendono e la festeggiano tutti gli anni, il 13 marzo, come aveva chiesto Barnaba. E la leggenda dice anche che, se i bambini tagliano i capelli in questo giorno, poi i capelli crescono più forti e robusti. (Daniela Troncacci)

lunedì 28 dicembre 2015

Un racconto per Natale: "Una favola di Natale", Lorena Campiotti


Un dolce e commovente racconto che parla di ricordi, di assenze e presenze che non ci lasceranno mai, scelto tra le opere partecipanti all'iniziativa "Una poesia, un  racconto per Natale" proposta dagli amministratori del gruppo facebook "Il salotto dei poeti": 


www.capelloalvento.blogspot.itUna favola di Natale

«Vieni, Marta, abbiamo quasi terminato, ora tocca a te» - la voce del papà, leggermente più austera dell’allegro brusio che aveva animato il soggiorno fino a quell’istante, destò docilmente Marta dai suoi incanti, ma non abbastanza da farle lasciare la bella postazione davanti alla finestra: il nasino appiccicato al vetro - ormai intriso di vapore e in tutto simile alla nebbia di fuori - gli occhi levati al cielo, Marta ammirava il volteggio dei folti fiocchi che turbinavano nell’aria per posarsi, finalmente, fin sul davanzale, e vi faceva danzare i suoi altrettanto folti quanto indisciplinati pensieri…chissà come sarebbe stato «quel» Natale…nonostante i suoi otto anni, serbava nel cuore una laconica, adulta nostalgia, che in quel Natale specifico si sarebbe ancor più accentuata, sebbene in quel momento lei non ne fosse totalmente consapevole. Suo papà e i suoi due fratellini erano intenti, da due ore ormai, a realizzare il Presepe. Marta all’inizio li aveva aiutati, poi i suoi pensieri avevano iniziato a spandersi altrove, per finire al di là dei vetri della finestra, oltre il giardino, oltre la siepe, fino al cielo, per inglobarsi nei fiocchi di neve.
L’odore di cioccolata calda proveniente dalla cucina la destò dal suo vagare : ora era lo stomaco a contorcersi, questa volta in volteggi di golosità ! Infatti di li’ a poco apparve la nonna che, senza troppi sforzi, raduno’ tutti quanti in cucina per la merenda.
«Manca solo il tuo angelo, Marta, ed il Presepe anche quest’anno sarà terminato », le sussurrò il papà. Era così mesto il papà in quei giorni, parlava sempre sottovoce, come se avesse paura di disturbare, come se un nodo gli serrasse in qualche modo la gola, ed appariva sempre triste, nonostante tentasse di sorridere…
Era stata Marta ad esprimere il desiderio di posare personalmente la statuina dell’angelo nel Presepe, ma non la solita statuina che sovrasta la capanna reggendo fra le mani lo striscione del «Gloria», no…sarebbe stato l’angelo del carillon, che per ovvie ragioni di fisica avrebbe occupato il posto a fianco dell’ingresso della grotta. Un bell’angelo di porcellana bianca, con l’abito bianco e le morbide ali realizzate con vere piume, sempre bianche, che gli (o le ?) conferivano un sinuoso aspetto di cigno…le braccia leggermente allargate, il dolce sorriso, ruotava lentamente su se stesso (o se stessa ?) al ritmico, ticchettante suono di «Notte Santa » prodotto da un carillon nascosto nella sua base. Era stata la mamma ad acquistarlo per Marta, una sorpresa del Natale precedente.
Lei lo stringeva fra le mani dall’inizio dei lavori di installazione del Presepe, attendendo il magico momento che, ecco, era arrivato…Fiera di quell’incombenza, sotto gli sguardi ammirati di tutti, torno’ in soggiorno e scelse un angolo in vista di fianco alla grotta, ben visibile al pubblico ma anche alla minuscola statuetta di Gesù, che di lì a poco sarebbe scomparsa per «riapparire» magicamente la notte di Natale.
La musica estatica del carillon, seppur breve, invase la stanza ed il cuore, trasportando i pensieri alla magica notte di Natale, e gli occhi dei bambini d’un tratto s’attizzarono di luci, di fulgenti colori e di doni avvolti in carte dorate, come solo gli occhi dei piccoli sanno raccontare…poi la marmaglia, con altrettanta rapidità, si sparse altrove, e la nonna passò alle operazioni di pulizia. 
Marta rimase ad ammirare ancora un poco il bel volto dell’angelo, contornato da riccioli biondi, la bellezza del suo sorriso, gli occhi semichiusi che sembravano temere d’incontrare il suo sguardo. Poi la bambina alla fine lo lasciò e sparì nella sua camera.
Venne la sera, con l’ora di coricarsi, tutti i saluti e gli abbracci di rito per scongiurare il buio, i baci, le preghiere e la promessa di tante sorprese per l’indomani…era tanta l’agitazione, ma il sonno alla fine ebbe la meglio su tutti.
Non fu lo stesso per Marta : i suoi pensieri iniziarono a vorticare di nuovo, ora in un carillon, ora in una sfera, ora in una giostra senza soste…aveva persino l’impressione di udire delle risa, e poi dei pianti, e all’improvviso si ricordò della mamma come da tempo non riusciva a metterla più a fuoco, dal momento in cui era svanita poco dopo l’ultimo Natale, a seguito di una brutta malattia. Le apparvero anche le sue parole, ma non erano eteree, erano solide, dense, e ne sentì all’improvviso tutto il peso ricaderle dentro, come qualcosa che il cuore avesse voluto cancellare prima e che ora la penetrava in tutta la sua sostanza…:« Ricordati Marta, io ci sarò sempre, ti sarò sempre accanto, e anche se tu non riuscirai a vedermi, mi sentirai con il cuore… sarò sempre il tuo angelo… il tuo angelo…il tuo angelo…» un’eco prolungata all’infinito le impediva di prendere sonno e Marta iniziò a sentirsi profondamente triste… Aveva così tanto lottato con se stessa per sedare quel pensiero, per colmare quel vuoto, per non pensare a quell’assenza, per accettare con rassegnazione, perché ora la mancanza della mamma si era acuita a tal punto e la rattristava cosi’ nel profondo….? Marta coprì gli occhi con il lenzuolo per non vedere il buio, per non sentire quel vuoto, nonostante il vuoto ci fosse, ed anche il buio, e iniziò a piangere, sommessamente… non riusciva a prendere respiro…copiose le lacrime le inondavano le guance gettandosi ai lati, come cascate in un dirupo, freddandole i lobi delle orecchie e inumidendole i capelli… lacrime che le ricordavano l’acqua del mare, così salata e collosa ai raggi del sole…ma non c’era il sole, nella stanza, solo tanto buio e tanta solitudine. 
«Mamma» pensò Marta, «vieni ancora una volta, una volta soltanto, avevi promesso che non mi avresti lasciata….mamma, mammina» e nell’abisso dello sgomento di tristi pensieri e di ritmici singhiozzi, la bambina alla fine s’addormentò.
Fu un sonno zeppo di ricordi, di baci, di caramelle, di corse, c’erano anche dei fiocchi di neve, il mare…un vero pot-pourri, uno di quegli scrigni che le bambine conservano tanto gelosamente, straripanti di mollette, braccialetti, forcine, gomme profumate e collanine attorcigliate di fantasia… 
Solo verso mattina Marta di colpo apri’ gli occhi; ma non era proprio mattina, era forse un principio d’alba.
Attorno, il silenzio. In camera, di nuovo quel mutissimo buio ; solo uno spiraglio di luce fioca filtrava da una feritoia tra gli scuri. Era stato un rumore a svegliarla, ma piu’ che un rumore, pareva un suono, una musica dolce…deve essere Babbo Natale ! Penso’, e stava quasi per svegliare i suoi fratellini per coglierlo finalmente di sorpresa, quando una strana sensazione la trattenne e la condusse silenziosamente, come per mano, verso il corridoio. 
S’udiva una musica mistica in sottofondo, dolce ma sconosciuta, una melodia di violini degni del più solenne concerto.
La soglia del salone, sulla destra, emanava una luce calda e uno spiffero freddo, come se qualcuno avesse lasciato accesa la luce ed aperta una finestra. «Le luci del Presepe», pensò Marta, e s’accostò all’ingresso del salone… all’improvviso il carillon nel Presepe, come d’incanto, iniziò a ritmare la sua melodia, ed un alone di luce bianchissima avvolse la bambina, tanto da farle socchiudere gli occhi … riaprendoli si trovo’ di fronte al suo angelo, il suo, quello del Presepe, ma grande, immenso, bianco e frusciante, leggermente chino in avanti con le braccia protese per accoglierla…«Mamma, mammina!» grido’ d’istinto Marta, riconoscendo all’improvviso quell’incantevole volto che la memoria bambina e la durezza del tempo avevano crudelmente offuscato… 
La mamma l’abbracciò a lungo come un giorno, uno di quei giorni stinti nei sogni, stringendola a sé con possenza, e Marta si sentì più felice che mai al reale contatto di quell’abbraccio d’amore ritrovato, caldo come un’ala, che l’avvolgeva e le scaldava il cuore…«Ora sì che è Natale mamma» proferì , ridendo di gioia, «ora sì che è Natale!»…

Fotografia: riduzione da originale di Lorena Campiotti


www.capelloalvento.blogspot.itLorena Campiotti: ecco cosa dice di sé

Mi chiamo Lorena Campiotti e sono originaria della provincia di Varese, città in cui sono nata il 27.06.1964 e nella quale ho vissuto, studiato, creato una famiglia e lavorato fino al trasferimento in Svizzera nel ’99. Dal 2002 vivo invece in Francia, attualmente in Alta Savoia, nei pressi del lago di Annecy, una regione che con i suoi laghi e le sue montagne offre scorci fantastici.
Ho tre figli, di 26,24 e 14 anni, tutti bilingue e abituati a viaggiare. I nostri soggiorni all’estero per esigenze di lavoro,  il contatto con una società multietnica,  ci hanno resi aperti a diverse culture e mentalità. Attualmente non ho un’attività lavorativa fissa e mi occupo della famiglia e dei miei hobbies, pittura, lettura, poesia. Adoro le passeggiate nel verde, che offrono anche ottimi spunti per scrivere e riflettere. Torniamo spesso in Italia, riuscendo cosi’ a mantenere ottimi contatti con i nostri famigliari e gli amici.



sabato 26 dicembre 2015

Una poesia per Natale: "La Vigilia", Carmen Lieto


www.capelloalvento.blogspot.it“La Vigilia” 

E' la Vigilia di Natale!
Si aprano le danze
e si inizi a suonare
C'è allegria nelle stanze
e tanto ancor da preparare
Stanotte sarà speciale
fuori e dentro al nostro cuore
Possa portarci il Santo Natale 
tanta salute, pace e amore.




Anche questa è una delle poesie partecipanti all'iniziativa: "Una poesia, un racconto per Natale" de "Il salotto dei poeti": l'allegria, il fermento nelle preparazioni, e la speranza: un concentrato di sentimenti e aspettative, in questi versi di Carmen Lieto. La fotografia è sua, scattata il 3 dicembre durante una passeggiata in Duomo (Galleria Vittorio Emanuele II - P.zza Duomo – Milano). 



www.capelloalvento.blogspot.it
Carmen Lieto: ecco cosa dice di sé

Ciao a tutti. Mi chiamo Carmen. Ho 44 anni e sono di Milano, anche se in realtà ho origini partenopee… e attualmente sono casalinga, mamma e nonna. Si, avete capito bene: sono nonna di un bellissimo bimbo di nome Carmine!!
Nel tempo libero mi diletto a scrivere, abbracciando una delle mie passioni di sempre. Ho iniziato da ragazzina. Inventavo storie “fantastiche”: un mix tra fantasia e realtà. Ho proseguito componendo poesie e da allora non ho più smesso. Non ho alcuna pretesa in merito. Scrivo semplicemente per dar voce alla mia anima. Sono soltanto un’umile amante della poesia in generale. Negli ultimi anni mi sono avvicinata anche a quella orientale, lasciandomi avvolgere, in particolare, dal fascino dello haiku: poesia breve giapponese.
Per natura sono un’inguaribile romantica ed un’eterna sognatrice. Innamorata della vita e dell’amore. In ogni mio componimento lascio una parte di me. In modo del tutto spontaneo decanto i sentimenti… e se ciò che scrivo col cuore… al cuore arriva, allora, il mio piacere di condividere emozioni raddoppia!!
Su facebook, insieme all’amico poeta Stefano Tosin, sono Admin di un gruppo che ho chiamato “Il Salotto dei Poeti”. Inoltre, sempre su fb, ho una mia pagina personale -di poesie- in cui, fondamentalmente, cerco di raccogliere tutti i miei componimenti: “L’Alma Si Libra”.
In questo giorno particolare, colgo l’occasione per augurare a tutti un Natale speciale, si uno di quelli “con i fiocchi”: pregno di salute, pace, amore e serenità. Confidare non è peccato! Un augurio ed un abbraccio di cuore, soprattutto a chi, in questo momento, ne ha più bisogno.




giovedì 24 dicembre 2015

Poesia per Natale:"E tu... Ti vestirai d'azzurro" Alessio Vittorio Di Meco



E tu... Ti vestirai d'azzurro 

Suona lontano 
l’inno della vita
che torna all’alba 
del messaggio nuovo.
Tra folle e genti 
di diversa specie
e solitudine lasciata 
a divenire.
Di zampognari, tabarri 
e vesti annose,
si vedono cappelli 
a punte alte
e scarpe e scialli 
di fattura antica,
coprir le strade 
rinfrescate al tempo.
L’anime pie 
e quelle ancor rocciose,
fremono al suon 
di ciaramelle e pive,
nuova armonia s’insinua 
nel pensiero e l’anima 
rinnova al pio segreto.
Scenario foggia 
del bel bianco atteso
la Vergine regalerà 
il figlio al mondo;
l’Uomo, paziente, 
sosterà al suo fianco
e nudo, Tu… 
ti vestirai d’azzurro.


Ecco un'altra poesia giunta dagli amici de "Il salotto dei poeti per Natale": diversità di genti in attesa di un messaggio che ogni anno si ripete, eppur è sempre nuovo. La fotografia è di A. V. Di Meco.



Alessio Vittorio Di Meco: ecco cosa dice di sé

64 anni di Lanciano (CH), città del Miracolo Eucaristico. Ho cominciato a scrivere dal 2005 a causa di un grave avvenimento luttuoso. Ho pubblicato: L’azzurro del cuore (2006); L’ultima partita (2006); Epistolario fragile (2008); Come castelli di sabbia (2008); Parole a piene mani (2009); poesie, lettere e mutamenti di stati d’animo dedicati a mio figlio Marcello. Poi: Oasi nascoste – poesie (2009); Semi di zuzza – Aforismi (2013); Mister Fly – Fantasy (2014); Districtia – romanzo (2015). Oltre a tre opere teatrali: Telefonata in paradiso (2011); Na fèmmene pe marite - in dialetto lancianese (2013); Congiunti congiunti – in lingua (2015). Ho fondato una Associazione di volontariato a nome di mio figlio “Gli amici di Marcello” con la quale ci siamo proposti di aiutare chi ha bisogno. Ho “nel cassetto” un numero considerevole di poesie che, forse, un giorno pubblicherò. Cerco di trasmettere quello che sento dentro ma, nello stesso tempo, esprimere sentimenti positivi sulla vita e su quanto sia importante saperla vivere anche in presenza di eventi nefasti. Non so se ci riesco, ma a me è servito molto. Per concludere, canto in un complesso Rock/Blues di 5 elementi, il cui nome è “Indole Blues”. Pagina Facebook: https://www.facebook.com/alessio.meco


mercoledì 23 dicembre 2015

Una poesia per Natale...: "Litania di Natale", Anna Maria Domburg-Sancristoforo


Litania di Natale (Ispirata alla poesia "Litania" di Giorgio Caproni)

www.capelloalvento.blogspot.itNatale luci colorate
Case addobbate
Natale vetrine rutilanti
Richiamo dei passanti
Natale alberi e palline
Fiamme e candeline
Natale presepe del Bambino
Canto argentino
Natale angeli e pastori
Siamo tutti migliori
Natale amore e pace
Tutto così fugace
Natale dei fortunati
Ci sono anche gli emarginati
Natale delle renne
Non tutti hanno le strenne
Natale della famiglia
C'è chi dorme nella fanghiglia
Natale verde e vermiglio
In guerra è mio figlio
Natale del panettone
Dolore e abiezione
Natale in compagnia
Della violenza l'apologia
Natale con lo spumante
Le sofferenze son tante
Natale tutti bardati
All'ospedale gli ammalati
Natale a quattro palmenti
Morte bombardamenti
Natale di ospitalità
Ricordiamolo uomini di buona volontà.


Questa è l'opera scelta dagli amministratori del gruppo "Il salotto dei poeti" nell'ambito del'iniziativa "Una poesia, un racconto per Natale"; la fotografia è stata scattata dalla poetessa Anna Maria Domburg-Sancristoforo, a L'Aia, Olanda.


www.capelloalvento.blogspot.itAnna Maria Domburg-Sancristoforo: ecco cosa dice di sé

Dunque abito in Olanda per aver sposato un olandese, ma le mie radici sono a Genova, la mia città Natale. In Olanda ho lavorato come docente di lingua italiana nel dipartimento d'italinao dell'università di Leida e ora sono in pensione da alcuni anni. Mi piace leggere, scrivere haiku, andare al cinema. Mi piace molto anche viaggiare!
Pagina fb: https://www.facebook.com/profile.php?id=100005446785031






lunedì 21 dicembre 2015

Una poesia per Natale: "Babbo", Aldo Capitanio


https://facebook.com/aldo.capitanio.5“Babbo”


Come sarà il mio Natale?
Dove sarà il mio Natale?
Non sarà tutto così lo so
ma c'è anche questo.


Sei tu Babbo
che
ti copri gli occhi
e guardi
o forse sei solo
sei solo stanco
e senza slitta
senza regali 
o forse aspetti 
anche tu 

qualcuno che ti dica
vedrai che cambierà.


Questa è la prima opera che ho scelto tra quelle partecipanti all'iniziativa "Una poesia, un racconto per Natale de "Il Salotto dei Poeti", un po' malinconica, con uno sguardo disincantato sul futuro, ma senza chiudere totalmente le porte alla speranza... Nella fotografia un mulino fotografato da Aldo Capitanio, particolarmente caro al poeta.


https://facebook.com/aldo.capitanio.5Aldo Capitanio: ecco cosa dice di sè:

"54 anni da due su Facebook. Scrivo da quando ho imparato a scrivere e raccolgo tutto su quaderni che andranno tra qualche anno in discarica. Non ho mai pubblicato nulla in cartaceo, mi piacciono le foto i quadri e mi piace immedesimarmi nel fotografo  e nel pittore e mi chiedo il perché dello scatto, il perché di quel dipinto, mi chiedo cosa l'artista ha voluto comunicarmi con la sua arte. Ecco, niente di più niente di meno, solo tanta gioia quando riesco a sentire e a comunicare quello che ho dentro." 
Pagina Facebook: https://facebook.com/aldo.capitanio.5





lunedì 14 settembre 2015

"Il giardino incantato", Daniela Troncacci


Il giardino e il suo tempo Milano RogoredoRacconto

 parte integrante della mostra 

Fotografie di Davide Cappelletti

Spazio Socio Culturale Coop via Freikofel 7, Milano #Rogoredo



Il sole appena sorto, fresca l’aria... Cristallina l’acqua sgorga goccia a goccia, non da sorgente tra le rocce, ma da manufatto creato all’uopo dall’ingegno di chi non s’arrende a fatiche e avversità, e cerca, trasporta, costruisce, quel che occorre.

Armonia e speranza nel cielo azzurro si spandono spingendo un po’ più in là bianche nuvole fuggitive, che non turbino, non ancora, l’inizio di quello che sarà.

Tra i rami di cespugli rigogliosi, occhi curiosi scrutano, al di là dell'ombra delle fronde, e scorgono la magia di un ameno angolo di mondo, dove qualcosa di straordinario, eppure antico, accade ancora.

Giovani mani modellano sculture vive che pian piano alzano la testa verso il cielo, ignare dei cambiamenti di umore che esso riserverà e riverserà a suo piacimento.

Un gesto ed ecco, dall’arcobaleno di cui ha il nome, l’Iris si innalza, a recar messaggi tra cielo, terra e mare, a sparger col suo profumo fede e desiderio di buone nuove.
Fiero mostra la sua bellezza, che non svilisce, ma contribuisce alla beltà del luogo: dalla mattina alla sera, l’Iris è fermo, lì, che spera.

Polvere di sabbia, raggi di sole e gocce di rugiada: dalla mani nodose sgorgano foglie e spine e petali di velluto. Flessuosa la Rosa apre le braccia al mondo e dona amore, svela segreti a lungo celati, mostra perfezione, suscita devozione e ammirazione, esprime promesse. Sta in silenzio, quando è bianca; canta amore, quando è rossa; arde di desiderio se di color corallo; se brucia di gelosia si fa gialla, o se si vergogna, oppure è contenta e in libertà. E’ pallida se ti è amica, rosa se felice e grata. Dal bocciolo al fiore maturo, è un crescendo di novità, di sfumature e posture: dal mattino alla sera, la Rosa, credimi, è sincera.

Spunta poi, un po’ più in là, l’amore vero, con forma di turbante. Narra la leggenda che sia frutto del sangue di un giovane innamorato; altri, invece, lo vedono scontroso e freddo di sentimenti. Che credano quel che vogliono, ognuno, gli osservatori. Si fa rosso, talvolta, per dichiarare amore, o giallo, quando ama senza speranza; violetto se modesto. Egli solo sa cosa serba in sé, mentre lì sta, ritto, in perfetto equilibrio di forma e di colori, con il cuore in mano, passionale, il Tulipano.

Nel candore dell’innocenza, casto e fiero, il Giglio sta, bianco, puro, maestoso. Si colora un po’ di rosa, talvolta, se si lascia andar a qualche vezzo di vanità. Con tinte gialle mostra la sua nobiltà. Può esser dolce, devoto e perseverante. Di donna onesta è ideale amante.

Appariscente, lussureggiante, suscita stima e rispetto, l’elegante Peonia, nella bianca sua purezza, nel rosso richiamo ad Eros; mai dimentica di profumarsi di romanticismo, talvolta è timida e vergognosa. Prospera, valorosa e nobile d’animo, in piena fioritura diffonde pace attorno a sé, in tutta la natura.

Visitati talvolta da creature alate, son lì con le loro espressioni, che pian piano prendono una forma che non rimarrà uguale a se stessa. Con il sole dentro o curvati sotto il peso di acqua scrosciante, esplosioni di colori, o steli scheletriti, tra alberi di albicocche assaggiate da farfalle dalle stesse sfumature di arancio; tra piante di susine Regina Claudia, meline Gava, ciliegie e pere, accanto a more, fragole, pomodori, zucche e rosmarino.

Spuntano, sbocciano, fioriscono… Son semplici fiori? Steli, petali, foglie. Son banali colori? Visti, rivisti, riveduti? Di quelli che puoi, in verità, trovar anche al mercato… Son di più, molto.

Son anime, sentimenti, desideri: son le nostre paure, le nostre voglie. Nascono e crescono, spalancati a raccoglier energia, a donare profumi e bellezze, nel fior fiore del loro essere fiori, a mezzogiorno. Li scalda il sole, li nutre la terra, li sconquassano le tempeste e al calar della sera, quel che avevano han dato, ora meritano il riposo. Un petalo cade, come una lacrima commossa, atterra su un tappeto di foglie, si accartoccia, si scurisce.

Quel che erano resta a nutrire la terra, a dar sostegno ove occorre, in quel continuo divenire in cui nulla è vano e svanisce, ma che il tempo trasforma. Nuovi semi in essa dormiranno; nuovi germogli spunteranno. Nuove sculture saranno forgiate e il giardino incantato ancora vivrà.

Mani nodose e stanche raccolgono petali sfogliati, e preparano il terreno per le nuove stagioni; accanto, mani giovani che apprendono l'arte della vita. Al di là dei cespugli rinsecchiti, occhi grandi, che molto hanno guardato e apprezzato, scrutano curiosi dita intrecciate: l'antico e il nuovo. Occhi piccoli guardano curiosi gli occhi grandi e sgranandosi osservano il passaggio di consegne, i primi cenni del domani che verrà. Attimi preziosi, che qualcuno ha immortalato per noi, perché la magia, che continua e fluisce nel tempo, continui ad esserci anche attraverso il nostro sguardo.



domenica 19 ottobre 2014

I nuovi inquilini del piano di sopra - Racconto di Daniela Troncacci


I nuovi inquilini del piano di sopra - Daniela Troncacci
Questo racconto è nato prima della Legge n. 76 del 20 maggio 2016, la quale 'istituisce l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale... ' Con essa, il desiderio della 'segretaria' si è in parte avverato. 


Lo puoi leggere gratuitamente su wattpad

"Purché se ne parli", i commenti di chi lo ha letto:

Francesco Principato, scrittore: "... Ti sei cimentata con un argomento difficile seppure di grande attualità e lo hai fatto senza prese di posizioni, senza retoriche rivendicazioni. Probabilmente perché non hai affrontato una questione personale, ma una querelle di alto senso civico...." Leggi tutto

Hanta Yo (associazione culturale):"... Emerge la fragilità dell’essere umano e il suo bisogno di accostarsi al proprio simile per condividere e meglio comprendere le comuni paure, gioie, emozioni..." Leggi tutto




venerdì 18 ottobre 2013

I nuovi inquilini del piano di sopra - Racconto Commento di Hanta Yo


Nel post Ho suonato un tamburo Masai ... ho raccontato la mia esperienza con Hanta Yo.
Qui di seguito il commento di Hanta Yo al mio libro:


I nuovi inquilini del piano di sopra - Daniela TroncacciCara Daniela,
abbiamo letto con piacere il tuo racconto sull’Amore e l’Amicizia che nella sua semplicità rimanda all’importanza delle piccole cose e dei piccoli gesti.
Emerge la fragilità dell’essere umano e il suo bisogno di accostarsi al proprio simile per condividere e meglio comprendere le comuni paure, gioie, emozioni.
Dal nostro punto di vista il racconto è forse un po’ troppo ricco di dettagli che contribuiscono comunque allo sviluppo della narrazione.
Grazie per aver condiviso con noi il tuo racconto e buon proseguimento nella tua ricerca espressiva attraverso la scrittura!
Un abbraccio e buona estate!  Claudia e Mimmo
  
Grazie, ragazzi per aver letto il mio racconto e per il vostro prezioso riscontro!

lunedì 8 luglio 2013

I nuovi inquilini del piano di sopra - Racconto Commento di Francesco Principato


Il poeta, romanziere, commediografo Francesco Principato, ha così commentato il mio racconto "I nuovi inquilini del piano di sopra", in una mail del 10 giugno 2013:


I nuovi inquilini del piano di sopra - Daniela Troncacci" Carissima amica,
non mi va di scrivere una recensione (non mi reputo in grado di farlo), ti voglio scrivere una lettera per come si faceva una volta, quando si scriveva con carta e penna e le parole erano molto più dettate dal cuore.
Ti ho conosciuta e ti conosco da molti anni come amica sensibile e come poetessa capace di esprimerti con parole di grande peso specifico, il peso specifico della poesia (ti ricordi dei nostri vecchi concorsi poetici su Naufragi?).
Ho ricevuto il tuo racconto Gli inquilini del piano di sopra e l'ho iniziato subito a leggere preso da una grande curiosità: il titolo mi proiettava in una grande confusione. Di cosa parlerà Daniela? di vita 'precaria'? di subaffitti e convivenze? della 'sopravvivenza? ha scritto un racconto umoristico?
Nell'attesa di scoprirlo leggendo, i pensieri rincorrevano i ricordi e cercavo di scoprire cosa sapevo di te.
Man mano che giravo le pagine, di te non riconoscevo niente, niente tranne la grande leggerezza con cui affronti le delusioni della vita, le sue storture e le sue contraddizioni. E la tua grande sensibilità.
Ti sei cimentata con un argomento difficile seppure di grande attualità e lo hai fatto senza prese di posizioni, senza retoriche rivendicazioni. Probabilmente perché non hai affrontato una questione personale, ma una querelle di alto senso civico.
Ma è il modo in cui lo hai fatto che rende questo racconto una perla: hai reso questa storia difficile... una storia 'normale'. E questo è il grande merito del tuo racconto, far apparire l'argomento affrontato (e non dico di cosa si tratta) 'una cosa normale' e, senza mai dire una parola di disgusto, hai partecipato questa 'notizia' al lettore. E qualsiasi lettore che finisce questo libro... si ritrova prima disarmato e poi trafitto dall'ingiustizia.
Ho un solo piccolo appunto tecnico: a volte hai abusato dei 'due punti', forse ce ne sono alcuni di troppo ma ciò toglie poco alla scrittura: il racconto si legge comunque in un fiato.
Ciao Sissotta e complimenti.
Francesco
p.s. Hai visto che anch'io ho usato tanti 'due punti'? :)

Grazie Francesco! Soprattutto per averlo letto, è stato per me un grande onore!!!