lunedì 28 dicembre 2015

Un racconto per Natale: "Una favola di Natale", Lorena Campiotti


Un dolce e commovente racconto che parla di ricordi, di assenze e presenze che non ci lasceranno mai, scelto tra le opere partecipanti all'iniziativa "Una poesia, un  racconto per Natale" proposta dagli amministratori del gruppo facebook "Il salotto dei poeti": 


www.capelloalvento.blogspot.itUna favola di Natale

«Vieni, Marta, abbiamo quasi terminato, ora tocca a te» - la voce del papà, leggermente più austera dell’allegro brusio che aveva animato il soggiorno fino a quell’istante, destò docilmente Marta dai suoi incanti, ma non abbastanza da farle lasciare la bella postazione davanti alla finestra: il nasino appiccicato al vetro - ormai intriso di vapore e in tutto simile alla nebbia di fuori - gli occhi levati al cielo, Marta ammirava il volteggio dei folti fiocchi che turbinavano nell’aria per posarsi, finalmente, fin sul davanzale, e vi faceva danzare i suoi altrettanto folti quanto indisciplinati pensieri…chissà come sarebbe stato «quel» Natale…nonostante i suoi otto anni, serbava nel cuore una laconica, adulta nostalgia, che in quel Natale specifico si sarebbe ancor più accentuata, sebbene in quel momento lei non ne fosse totalmente consapevole. Suo papà e i suoi due fratellini erano intenti, da due ore ormai, a realizzare il Presepe. Marta all’inizio li aveva aiutati, poi i suoi pensieri avevano iniziato a spandersi altrove, per finire al di là dei vetri della finestra, oltre il giardino, oltre la siepe, fino al cielo, per inglobarsi nei fiocchi di neve.
L’odore di cioccolata calda proveniente dalla cucina la destò dal suo vagare : ora era lo stomaco a contorcersi, questa volta in volteggi di golosità ! Infatti di li’ a poco apparve la nonna che, senza troppi sforzi, raduno’ tutti quanti in cucina per la merenda.
«Manca solo il tuo angelo, Marta, ed il Presepe anche quest’anno sarà terminato », le sussurrò il papà. Era così mesto il papà in quei giorni, parlava sempre sottovoce, come se avesse paura di disturbare, come se un nodo gli serrasse in qualche modo la gola, ed appariva sempre triste, nonostante tentasse di sorridere…
Era stata Marta ad esprimere il desiderio di posare personalmente la statuina dell’angelo nel Presepe, ma non la solita statuina che sovrasta la capanna reggendo fra le mani lo striscione del «Gloria», no…sarebbe stato l’angelo del carillon, che per ovvie ragioni di fisica avrebbe occupato il posto a fianco dell’ingresso della grotta. Un bell’angelo di porcellana bianca, con l’abito bianco e le morbide ali realizzate con vere piume, sempre bianche, che gli (o le ?) conferivano un sinuoso aspetto di cigno…le braccia leggermente allargate, il dolce sorriso, ruotava lentamente su se stesso (o se stessa ?) al ritmico, ticchettante suono di «Notte Santa » prodotto da un carillon nascosto nella sua base. Era stata la mamma ad acquistarlo per Marta, una sorpresa del Natale precedente.
Lei lo stringeva fra le mani dall’inizio dei lavori di installazione del Presepe, attendendo il magico momento che, ecco, era arrivato…Fiera di quell’incombenza, sotto gli sguardi ammirati di tutti, torno’ in soggiorno e scelse un angolo in vista di fianco alla grotta, ben visibile al pubblico ma anche alla minuscola statuetta di Gesù, che di lì a poco sarebbe scomparsa per «riapparire» magicamente la notte di Natale.
La musica estatica del carillon, seppur breve, invase la stanza ed il cuore, trasportando i pensieri alla magica notte di Natale, e gli occhi dei bambini d’un tratto s’attizzarono di luci, di fulgenti colori e di doni avvolti in carte dorate, come solo gli occhi dei piccoli sanno raccontare…poi la marmaglia, con altrettanta rapidità, si sparse altrove, e la nonna passò alle operazioni di pulizia. 
Marta rimase ad ammirare ancora un poco il bel volto dell’angelo, contornato da riccioli biondi, la bellezza del suo sorriso, gli occhi semichiusi che sembravano temere d’incontrare il suo sguardo. Poi la bambina alla fine lo lasciò e sparì nella sua camera.
Venne la sera, con l’ora di coricarsi, tutti i saluti e gli abbracci di rito per scongiurare il buio, i baci, le preghiere e la promessa di tante sorprese per l’indomani…era tanta l’agitazione, ma il sonno alla fine ebbe la meglio su tutti.
Non fu lo stesso per Marta : i suoi pensieri iniziarono a vorticare di nuovo, ora in un carillon, ora in una sfera, ora in una giostra senza soste…aveva persino l’impressione di udire delle risa, e poi dei pianti, e all’improvviso si ricordò della mamma come da tempo non riusciva a metterla più a fuoco, dal momento in cui era svanita poco dopo l’ultimo Natale, a seguito di una brutta malattia. Le apparvero anche le sue parole, ma non erano eteree, erano solide, dense, e ne sentì all’improvviso tutto il peso ricaderle dentro, come qualcosa che il cuore avesse voluto cancellare prima e che ora la penetrava in tutta la sua sostanza…:« Ricordati Marta, io ci sarò sempre, ti sarò sempre accanto, e anche se tu non riuscirai a vedermi, mi sentirai con il cuore… sarò sempre il tuo angelo… il tuo angelo…il tuo angelo…» un’eco prolungata all’infinito le impediva di prendere sonno e Marta iniziò a sentirsi profondamente triste… Aveva così tanto lottato con se stessa per sedare quel pensiero, per colmare quel vuoto, per non pensare a quell’assenza, per accettare con rassegnazione, perché ora la mancanza della mamma si era acuita a tal punto e la rattristava cosi’ nel profondo….? Marta coprì gli occhi con il lenzuolo per non vedere il buio, per non sentire quel vuoto, nonostante il vuoto ci fosse, ed anche il buio, e iniziò a piangere, sommessamente… non riusciva a prendere respiro…copiose le lacrime le inondavano le guance gettandosi ai lati, come cascate in un dirupo, freddandole i lobi delle orecchie e inumidendole i capelli… lacrime che le ricordavano l’acqua del mare, così salata e collosa ai raggi del sole…ma non c’era il sole, nella stanza, solo tanto buio e tanta solitudine. 
«Mamma» pensò Marta, «vieni ancora una volta, una volta soltanto, avevi promesso che non mi avresti lasciata….mamma, mammina» e nell’abisso dello sgomento di tristi pensieri e di ritmici singhiozzi, la bambina alla fine s’addormentò.
Fu un sonno zeppo di ricordi, di baci, di caramelle, di corse, c’erano anche dei fiocchi di neve, il mare…un vero pot-pourri, uno di quegli scrigni che le bambine conservano tanto gelosamente, straripanti di mollette, braccialetti, forcine, gomme profumate e collanine attorcigliate di fantasia… 
Solo verso mattina Marta di colpo apri’ gli occhi; ma non era proprio mattina, era forse un principio d’alba.
Attorno, il silenzio. In camera, di nuovo quel mutissimo buio ; solo uno spiraglio di luce fioca filtrava da una feritoia tra gli scuri. Era stato un rumore a svegliarla, ma piu’ che un rumore, pareva un suono, una musica dolce…deve essere Babbo Natale ! Penso’, e stava quasi per svegliare i suoi fratellini per coglierlo finalmente di sorpresa, quando una strana sensazione la trattenne e la condusse silenziosamente, come per mano, verso il corridoio. 
S’udiva una musica mistica in sottofondo, dolce ma sconosciuta, una melodia di violini degni del più solenne concerto.
La soglia del salone, sulla destra, emanava una luce calda e uno spiffero freddo, come se qualcuno avesse lasciato accesa la luce ed aperta una finestra. «Le luci del Presepe», pensò Marta, e s’accostò all’ingresso del salone… all’improvviso il carillon nel Presepe, come d’incanto, iniziò a ritmare la sua melodia, ed un alone di luce bianchissima avvolse la bambina, tanto da farle socchiudere gli occhi … riaprendoli si trovo’ di fronte al suo angelo, il suo, quello del Presepe, ma grande, immenso, bianco e frusciante, leggermente chino in avanti con le braccia protese per accoglierla…«Mamma, mammina!» grido’ d’istinto Marta, riconoscendo all’improvviso quell’incantevole volto che la memoria bambina e la durezza del tempo avevano crudelmente offuscato… 
La mamma l’abbracciò a lungo come un giorno, uno di quei giorni stinti nei sogni, stringendola a sé con possenza, e Marta si sentì più felice che mai al reale contatto di quell’abbraccio d’amore ritrovato, caldo come un’ala, che l’avvolgeva e le scaldava il cuore…«Ora sì che è Natale mamma» proferì , ridendo di gioia, «ora sì che è Natale!»…

Fotografia: riduzione da originale di Lorena Campiotti


www.capelloalvento.blogspot.itLorena Campiotti: ecco cosa dice di sé

Mi chiamo Lorena Campiotti e sono originaria della provincia di Varese, città in cui sono nata il 27.06.1964 e nella quale ho vissuto, studiato, creato una famiglia e lavorato fino al trasferimento in Svizzera nel ’99. Dal 2002 vivo invece in Francia, attualmente in Alta Savoia, nei pressi del lago di Annecy, una regione che con i suoi laghi e le sue montagne offre scorci fantastici.
Ho tre figli, di 26,24 e 14 anni, tutti bilingue e abituati a viaggiare. I nostri soggiorni all’estero per esigenze di lavoro,  il contatto con una società multietnica,  ci hanno resi aperti a diverse culture e mentalità. Attualmente non ho un’attività lavorativa fissa e mi occupo della famiglia e dei miei hobbies, pittura, lettura, poesia. Adoro le passeggiate nel verde, che offrono anche ottimi spunti per scrivere e riflettere. Torniamo spesso in Italia, riuscendo cosi’ a mantenere ottimi contatti con i nostri famigliari e gli amici.



1 commento:

  1. Ciao Daniela!
    volevo augurarti una buona giornata e buon proseguimento!!!
    tutto bene?
    Claudio (alphac61.iobloggo.com)

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